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La raccolta poetica Alveare d’arenaria prende il titolo dal suggestivo ricamo che richiama gli alveari delle api, visibile sulle rocce delle Dolomiti Lucane scavate per millenni dalla furia del vento. Le poesie si collocano nella lunga tradizione di scrittori e poeti che hanno trovato la loro musa ispiratrice nei ricordi dell’infanzia trascorsa nei paesi d’origine.

Prezzo: €5.00
SKU: 9788898200153

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Alveare d’arenaria segna l’esordio letterario di Ione Garrammone. La raccolta prende il titolo dal suggestivo ricamo che ricorda gli alveari delle api, visibile sulle rocce delle Dolomiti Lucane scavate per millenni dalla furia del vento. Le poesie si collocano nella lunga tradizione di scrittori e poeti che hanno trovato la loro musa ispiratrice nei ricordi dell’infanzia trascorsa nei paesi d’origine.

Insomma mai nessuno fu più profeta di Cesare Pavese, quando scrisse: “Un paese ci vuole, non fosse altro che per il gusto di andarsene via. È vero, però, che, anche quando vai via, il paese rimane lì, ad aspettarti. E te lo porti nel cuore.”

Noi ci permettiamo di aggiungere che non è tanto il “gusto di andarsene” che spinge le persone a lasciare il paese natale. Generalmente si va via per trasferimento della famiglia in città, per completare gli studi, ma, soprattutto, per cercare lavoro. È assolutamente vero, in ogni caso, che, anche quando vai via, il paese rimane lì, ad aspettarti.

Accade all’autrice che, quando ritorna a Pietrapertosa, suo paese natale, è immediatamente invasa dai ricordi dell’infanzia. Nella poesia La finestra nella notte scrive: / È l’età bambina che ritorna / a raccontarmi com’era, / il silenzio di Pietrapertosa / la sera. Tornano i ricordi del bar della piazza quando: / il pomeriggio era per noi bambini / a comprar pic-nic a 1 lira, / o fragili fru-fru alla vaniglia, / ritrovati, poi, / sbriciolati nelle tasche. Riaffiorano i ricordi della madre: / lavava i panni / e il fuoco scaldava l’acqua /per le sue mani / dure e forti.

Oggi non è più il tempo di Pane e zucchero: / Non mangio più pane e zucchero, / il pane ora è bianco / e fragrante / e lo zucchero / un po’ più amaro di allora. La vista del castello sulla roccia le riportano emozioni mai dimenticate: / il nibbio plana intorno alla vetta, / la montagna di roccia è calda, / assopita nel silenzio / sento solo / il cielo sopra e il vuoto intorno, / il blu che invade gli occhi /e l’anima. Si sa, l’infanzia è anche il mondo delle fiabe rievocate in Pane e zucchero: / Mi raccontava le favole antiche: / la principessa con lo strano vestito / fatato / col sole davanti e la luna dietro. / Zia Rocca Maria / un nome che rievoca l’antico, / nome di roccia / come quelle di fronte a noi / sull’erba, sedute su pietre / come sedie basse.

E che cosa sono le Dolomiti Lucane se non / profilo nero di giganti /che dormono / respirando le stelle? E le rocce sono ancora le protagoniste della poesia dedicata a Nino: / Rocce ingiuriate / dal silenzio dei valloni e dai piccioni / che vìolano l’alveare di arenaria.

Per tutti, è noto, è l’estate la stagione a cui sono legati i migliori ricordi dell’infanzia, quando, senza scuola, senza compiti, si è liberi di giocare, instancabili, dal mattino alla sera. All’estate sono infatti dedicate tre poesie: La mia terra d’estate, Veduta d’estate e Fine estate. In tutte, protagonista è il tempo vissuto in maniera diversa: / La mia terra d’estate / brucia per rinascere / sotto lo sguardo immobile / del cielo d’agosto: / azzurro perfetto sulle terre arse / e stoppie ondulate / come il manto screziato / di un soriano / addormentato. In Veduta d’estate: / ogni parola / è un richiamo / a un pomeriggio d’agosto / per sfogliare petali di nuvole / nel cielo immobile / A Fine estate: / e amo il sole malato /del tardo agosto /dal cielo grigio / che regala fresche ore /dilatate dal silenzio /e dall’ozio prezioso /degli ultimi giorni /di ferie.

Dall’alto delle montagne e delle colline lo sguardo si allarga: / tra le magnolie fiorite / mentre il nastro luminoso del Basento / scivola silenzioso / verso il mare. In lontananza si intravedono paesi arroccati sulle colline e quasi se ne percepisce la vita. A Grottole: / la Diruta / troneggia / sui vicoli assolati / e la noia dei gatti al sole / e sul volo di nere cornacchie.

Molto evocativa è l’immagine di Ferrandina, accostata ad una foto di compagni di scuola: / Sgomitano / le case di Ferrandina / come alunni nella foto di classe / si affacciano / tra le spalle dei compagni.

E poi Matera come appare di giorno: / Rughe di calanchi nudi / a tregua delle colline sfacciate: / chiazze rosse di papaveri ondeggianti / sul prato smeraldo / e urla di lilla e livido viola / dei fiori senza nome. O di notte, allorché: / Mille lucciole ti accendono / al tramonto ocra / e l’oro riluce sulle tue membra preziose / quando il falco grillaio / richiama la notte / dal merletto del tetto.

Si tratta, come si è detto, di una poesia prevalentemente evocativa e soggettiva ispirata dai mai dimenticati luoghi dell’infanzia e dai frequenti ritorni al paese d’origine.

In Viaggio di nebbia l’autrice nutre la certezza che il suo paese le riserverà, anche per tutti gli anni a venire: /… l’eterna sorpresa / dell’incanto della roccia / nella nebbia argentata / d’inverno.

                                                                                                                                     Franco Villani, editore

 

INFORMAZIONI:

Autore Ione Garrammone
Isbn 9788898200153
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