I Sassi di Matera, vita illustrata
Il volume ripercorre la millenaria storia dei Sassi di Matera, dai primi insediamenti umani all’arrivo delle tante popolazioni che hanno occupato, in modo sistematico, ogni cavità naturale della Murgia materana. Le scene documentano in maniera efficace le ricchezze architettoniche della Matera barocca ma anche le terribili condizioni di vita degli abitanti dei Sassi fino alla vibrante protesta di Carlo Levi e della sorella Luisa. Il resto è storia di oggi: dall’abbandono e degrado dei Sassi degli anni ’60-70 del secolo scorso alla dichiarazione dell’Unesco, nel 1993, di Matera Patrimonio mondiale dell’umanità e, alla designazione di Matera Capitale della Cultura Europea per il 2019.
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Arte, uno stile di vita
Biblioteca Nazionale di Potenza
mercoledì 30 novembre ore 17,30
Il volume presenta 60 opere di artisti che hanno fatto grande la storia dell’arte pittorica che, come è noto, è un continuo susseguirsi di stili: Rinascimento, Barocco, Impressionismo, Espressionismo, Cubismo, Surrealismo, Pop Art…Si è passati dalla raffigurazione della perfezione anatomica a quella geometrica, da colori seriosi a colori che rallegrano al solo guardare. Tutto ciò è “Arte: stile di vita’’. Ma chi sono gli autori di queste opere magistrali? Sono uomini, sì! Ma uomini che hanno messo al centro della propria vita l’arte. La bellezza di queste opere, a distanza di pochi anni o di secoli in cui sono state realizzate, conserva sempre il potere di farci rimanere estasiati ed incantati.
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l’amore oltre la vita,matricola 19.03
Una ragazza su una sedia a rotelle, tramortita dalla malattia ma non dalla voglia di amare, trova la forza per sognare una realtà diversa da quella vissuta nelle condizioni fisiche in cui si trova. Un evento razionalmente inspiegabile permette a due perfetti sconosciuti di vivere una storia d’amore che, nata fra le pagine di un diario, si svolge tra ospedali e carceri, luoghi in cui il confine tra vita e non-vita è molto labile e sfumato. Pagina dopo pagina il romanzo diventa un appassionante “giallo” di cui si vuole conoscere, al più presto, il finale.
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Angelo Raffaele Dinardo, maestro sempre e ovunque
Biblioteca Nazionale di Potenza
27 ottobre 2016 ore 17,30
Anna Maria Bianchi (a cura di) Angelo Raffaele Dinardo, maestro sempre e ovunque.
Il libro “Angelo Raffaele Dinardo, maestro sempre e ovunque” raccoglie le testimonianze di alunni, maestri, dirigenti scolastici, sindacalisti, politici, religiosi, giornalisti ed amici che hanno conosciuto Angelo Raffaele Dinardo nei tanti ambienti in cui ha lavorato generosamente. Con questo volume l’Associazione Italiana Maestri Cattolici di Basilicata (AIMC), di cui Dinardo ha fatto parte sin dal lontano 1954, intende ricordarlo come educatore e “politico” (nel senso aristotelico del termine), che in ogni sua attività ha mantenuto lo stile del maestro, cioè della competenza, della disponibilità e dell’umiltà nel sapersi dare agli altri in vista del bene comune.
Il maestro
Nato ad Irsina nel 1932, Dinardo arrivò all’insegnamento dopo aver lavorato per anni nella bottega artigiana dello zio, falegname carpentiere. Fu quindi studente-lavoratore, impiegato come istitutore presso il Convitto Nazionale Principe di Piemonte di Potenza, nel mentre frequentava l’Istituto Magistrale della città. Con tali esperienze alle spalle, maturò presto la convinzione comune ai tanti maestri che, nel dopoguerra, giravano per le campagne e i paesini, nella consapevolezza missionaria di essere chiamati a ricostruire l’Italia, attraverso corsi serali, scuole popolari, centri di lettura e scuole sussidiate operanti in solitarie masserie. Non è meraviglia, perciò, che, come direttore didattico e ispettore, cioè come dirigente, sia stato soprattutto consigliere e assistente dei maestri, aiutandoli nel difficile cammino didattico e pedagogico, dai cui risultati dipendevano sviluppo e cultura delle comunità più svantaggiate.
Sapeva ascoltare
La lode forse più bella che sia stata fatta a Dinardo è che sapeva ascoltare. “Lo sapeva fare – ha scritto Giovanni Caserta – proprio perché era stato maestro elementare, di quelli che, nel secondo dopoguerra, e nelle nostre campagne, si chinavano su bambini sporchi e scalzi, per ascoltarne il dialetto e tradurlo in italiano. Era uno di quei maestri che, come il maestro Manzi, come Mario Lodi, come Albino Bernardini, come Bruno Ciari, si spesero per rilanciar una Italia ancora coperta dalle rovine della guerra e del fascismo”.
Innovatore
Come tutti i pedagogisti di quegli anni, sapeva, tuttavia, che la scuola non può reggere al suo compito di rinnovamento e progresso, se non si rapporta con la società e non la coinvolge in un identico, unico obiettivo. Così dicevano Freinet, Freire, Dewey e, prima di tutti, Durkheim e Profit, non escluso un pedagogista accetturese, Matteo Miraglia, attivissimo nella Torino di fine Ottocento di Edmondo De Amicis. Di qui scaturì la necessità di un impegno sociale attivo che diventò impegno politico tutte le volte che ne sentì il bisogno. Nella scuola, intanto, era innovatore e sperimentatore, secondo le esigenze che tempi in rapida evoluzione imponevano. Del resto, nessun settore richiede innovazione e sperimentazione quanto la scuola, che agisce sulla parte più viva e in fase di crescita della società. Il mondo della scuola lucana, pertanto, quella scuola in cui fu presente per oltre quarant’anni, ancora oggi gli riconosce unanimemente dinamicità e adattamento piagetiano, cioè innovazione nella saggezza e nell’equilibrio. Sta di fatto che, dalle attività integrative alla sperimentazione del TP con la 820/71, e fino all’avvio della 148/90, una vera rivoluzione in regione, lo si trova sempre in prima linea.
Politico
La prima esperienza politica di Dinardo risale al 1970, quando ricoprì il ruolo di assessore provinciale alla istruzione. Furono gli anni in cui si batté, fra l’altro, per la eliminazione delle pluriclassi e per il tempo pieno, da cui erano destinati a trarre maggior vantaggio soprattutto i ragazzi socialmente più deprivati. Nel 1995, in un momento in cui si sentì, dopo Tangentopoli, il bisogno di “volti nuovi”, arrivò alla carica di Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata. Anche questa esperienza fu vissuta con la massima disponibilità all’ascolto e al dialogo. Il che spiega perché gli fu permesso di terminare la sua legislatura quinquennale senza alcuna interruzione, anche temporanea. Ciò significa che sempre ricercò il consenso, che non si può ottenere se non col dialogo e con la capacità di capire le ragioni degli altri, anche quando sono avversari. Né, chiusa la parentesi del “prestito alla politica”, cercò cariche surrettizie, ma, ancora una volta, si mise a disposizione, operando in Enti e centri di studio, che, come diceva, potevano aiutare la Basilicata e il Sud a uscire dalla “cultura della dipendenza”.
Una bella lezione
Ragazzo e studente lavoratore aveva imparato che nella cultura è il segreto di una umanità diversa, meno ingiusta e senza guerre, più degna di sé. Soleva perciò ripetere che chi ha avuto il privilegio di studiare deve sentirsi in debito con la società e restituire qualcosa agli altri, dando tempo, pensiero, vicinanza, azione concreta. Ricordare Raffaele Dinardo con le testimonianze di quanti lo hanno conosciuto, sprona a riprendere il “lavoro educativo”, con passione e la “politica” come servizio perché, oggi, la Basilicata e l’Italia intera hanno bisogno di docenti, dirigenti e politici che siano esempio di competenza, serietà e coerenza per tutta la società.
Franco Villani, editore
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A proposito di Giovanni
BIBLIOTECA NAZIONALE POTENZA 18 OTTOBRE ORE 17,30
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
WALTER DE STRADIS “A PROPOSITO DI GIOVANNI”
(racconto ispirato alla figura di Giovanni De Blasiis)
Il libro di Walter De Stradis, giornalista e direttore di “Controsenso”, si ispira alla figura di Giovanni De Blasiis, uomo di teatro, politico e funzionario presso gli Uffici della Regione Basilicata, vittima di vicende giudiziarie che, purtroppo, pur riconosciuto innocente, gli segnarono la vita per sempre, e in modo tragico. Per la verità, il libro non parla direttamente di queste vicende. Maggiori informazioni si trovano nella allegata testimonianza di Dino Quaratino, amministratore unico di Cose di Teatro, e nell’intervista di Vito Lisi, componente della storica band Gli alunni del sole, il cui primo disco fu scritto proprio da Giovanni De Blasiis.
Walter De Stradis, pur essendo giornalista, infatti, non ha voluto fare cronaca o saggio; non fa nemmeno il racconto lineare e ordinato della vita di un personaggio, che pure ha lasciato traccia di sé nel panorama culturale della città di Potenza. Il libro è, piuttosto, una forte denuncia di una realtà che, apparentemente, appartiene al passato, ma che, invece, è anche attuale, se non più cruda.. L’autore, infatti, dando per scontata la conoscenza delle disavventure giudiziarie del protagonista, si è soprattutto preoccupato del contesto in cui la vicenda ebbe luogo, evidenziando in modo netto e deciso la contrapposizione tra due mondi sociali, culturali ed etici diversi: quello dell’innocenza, dell’onestà e dell’altruismo, rappresentati dal protagonista, e quello dell’ipocrisia, dell’invidia, del malcostume e dei tradimenti, personificati dalla schiera di adulatori e opportunisti, che si piegano al potere solo per riceverne profitti.
L’esposizione procede per sei blocchi o scene, come può accadere in una moderna pièce teatrale, coincidenti con i sei brevi capitoli, apparentemente sconnessi l’uno dall’altro. È compito del lettore comporre il tutto, come si fa con le tessere di un mosaico, sì da ricavare quale e quanta fu l’opera di Giovanni De Blasiis a favore della diffusione e organizzazione della cultura teatrale nella sua città.
Nel primo capitolo Giovanni De Blasiis è nelle vesti e maschera di Pierrot, che, dopo la terribile vicenda giudiziaria che lo ha segnato per sempre, attraversa quegli stessi corridoi della Regione che, solo poco tempo prima, aveva attraversato come rispettato funzionario ed esponente della potente Democrazia Cristiana. L’attenzione è centrata, quindi, sul ruolo che, in qualità di Presidente dell’Associazione Basilicata Spettacolo (ABS), ebbe per un decennio, quale organizzatore e promotore delle stagioni teatrali. Grande fu la sua tensione etica e di fede nella cultura e nell’arte: “L’artista – dice nel secondo capitolo al giornalista che lo intervista (Davide-Walter) – è, nella società moderna, come un lume che indica una strada, una strada che egli segue istintivamente, ma che tutti devono sforzarsi di percorrere, o meglio di ripercorrere per costruire un mondo nuovo a misura d’uomo”. Sono parole che trovano un immediato riscontro nell’intervistatore, interessato egli pure dalla stessa tensione morale in una città difficile qual è Potenza, città borghese, condiscendente e unita intorno a chi comanda. Il giornalista Davide-Walter sa che “fare il giornalista in una città come Potenza e soprattutto cercare di farlo in un certo modo, implica doversi dimenare dietro le sbarre immateriali di un paese ipertrofico che sa diventare un penitenziario a cielo aperto”. A Potenza, insomma, non è facile essere liberi. Volle esserlo Giovanni De Blasiis, ma pagò. Nello stesso capitolo si accenna doverosamente alla vicenda che portò, nel 1986, alla fusione tra la l’Associazione Teatrale Basilicata (ATB), emanazione della Democrazia Cristiana, e il Consorzio Teatro Basilicata 8CTB), emanazione di sinistra, dando luogo ad una sorta di “compromesso storico” con la creazione della vivace Associazione Basilicata Spettacolo (ABS).
Assolutamente particolare e imprevedibile è, nel terzo capitolo, intitolato La cambiale, il racconto di De Blasiis, che riferisce come, per superare le tante difficoltà economiche e i ritardi dei contributi statali, avesse impegnato i propri beni, lasciando una cambiale in bianco alla BNL.
Nel quarto capitolo si narra di una cena con Flavio Bucci, noto attore teatrale, dopo lo spettacolo. È l’occasione per mettere a confronto la vita dell’uomo di teatro, interessato solo alla cultura, che quella sera paga, a proprie spese, anche la cena per gli ospiti e gli amici, e il comportamento da profittatore dell’Assessore che, ignorando la “convenzione” col ristoratore, mangia e beve secondo i suoi gusti e i suoi desideri, sapendo di non dover pagare. Non si può non rimarcare la differenza con lo spazzino che mangia quanto previsto, e paga quanto dovuto!
Notevole, infine, è, nel quinto capitolo, la descrizione della passeggiata, per la centralissima Via Pretoria, dell’onorevole per antonomasia, sempre in auge, potente, nonostante sue “debolezze” inconfessate e inconfessabili. Sotto i portici del Gran Caffè Italia siedono, come sempre, i “pecoroni” di turno e gli opinionisti, che commentano, con cinico compiacimento, le ultime “rivelazioni” dei quotidiani. Alla vista dell’onorevole, tutti si alzano per salutarlo con rispetto, lasciando accuratamente aperto il giornale proprio alla pagina che riporta la notizia dello scandalo del Grande Albergo. È in questo capitolo che si danno le notizie circa l’arresto di Giovanni De Blasiis, il carcere e la sua assoluzione con formula piena. Ma questo non basta, né basta il risarcimento di quaranta milioni di lire. La solitudine del carcere, in cui aveva trascorso undici giorni, dodici ore e trenta minuti, lo avevano marchiato per sempre, portandolo alla vergogna, all’isolamento e alla espulsione dalla vita sociale. Sentiva “su di sé il peso di una città ipocrita, ruffiana e delatrice, dove tutti avevano paura di incontrarlo”. Né l’amore della moglie Rossella e dei suoi figli bastò a non fargli prendere l’autobus (sesto capitolo), da cui si lasciò portare verso quella meta che ormai vedeva come suo destino”, settima e ultima “scena” del “suo” dramma.
A mo’ di introduzione dei capitoli ci sono sette disegni del pittore Nicola Gaetano Cuccaro; le illustrazioni delle copertine sono invece del vignettista Giulio Laurenzi. È appena il caso di annotare che, dopo la lettura, si resta con l’amaro in bocca. Pertinente, quindi, è l’invito di Paolo Albano, che così scrive nel Prologo: ”Leggete questo libro perché imparerete cosa significhi aggredire una persona di solitudine e perché promettiate di non farlo mai più. Tutti noi lo abbiamo fatto e lo facciamo. Molti, poi, stanno affollando la categoria degli odiatori, quelli che non vedono l’ora di affossare qualcuno al minimo indizio, quelli che considerano il dubbio una debolezza e il giudizio un atto di virilità”.
Franco Villani, editore
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Filippo Calabrese, il confinato dell’Appennino
Sabato 15 ottobre 2016 alle ore 18 presso la sede Ce.C.A.M di Marconia in Piazza Elettra lo scrittore ed editore Franco Villani, autore e con Donato Imbrenda, poeta ed attore , presenta il libro “Filippo Calabrese, il confinato dell’Appennino”, edito dalla casa Editrice Villani. Insieme al Professor Giovanni Caserta (Critico Letterario), che ne ha impreziosito il libro curando la post-fazione e la Professoressa Grazia Giannace che leggerà alcuni brani. Un libro dove è possibile riflettere sulle condizioni della Basilicata durante il fascismo “ mentre accoglieva i confinati con ospitalità antica , a causa della miseria, mandava al macello i suoi giovani nella guerra di Libia”.
Una vicenda di un “confinato” Filippo Calabrese, nato a Palermo anche lui medico come Carlo Levi però di Torino, che dal 1935 al 1938 visse prima a Calvello e poi ad Avigliano, mentre Levi prima a Grassano poi ad Aliano. In quella Basilicata piccola, piccola, “irraggiungibile” ma controllabile, scelta dal fascismo come terra di confino per politici, omosessuali, pregiudicati, circa 10.000 furono i confinati del regime fascista.
Mentre Carlo Levi, come medico, nel suo soggiorno ad Aliano curava i poveri contadini, Calabrese corteggiava le donne, in Lucania si sente in carcere e descrive una terra di contadini che salutano i signori con “schiavi a signoria…e così dichiarano involontariamente la loro miseria, la eterna miseria della povera gente che in alcuni punti della terra non si evolverà mai restando sempre schiava”.
Splendida e piena di poesia è la descrizione in “Passeggiate lucane” della Basilicata selvaggia dei boschi di Viggiano, che rapisce l’esule con il suo fascino.
Il libro nato da un incontro degli autori a Calvello, dove Imbrenda consegna a Villani “Passeggiate lucane”, un dattiloscritto datato 19/27 marzo 1937, firmato Calabrese e gli chiede di fare ricerche sull’autore negli archivi comunali di Calvello. Si susseguono altri incontri dove Villani si reca nella casa di campagna di Imbrenda e scopre uno scrigno di meraviglie come sei manoscritti ed un “tema” di Leonardo Salvatore, un giovane amico di Calabrese che racconta il triste addio del confinato alle terre aviglianesi”. Grazie a Villani e Imbrenda dopo 80 anni Calabrese torna a vivere.
La serata sarà introdotta da Giovanni Di Lena (presidente Ce. C.A.M), seguiranno i saluti del Giampiero Andrulli (Presidente del C.C. Comune di Pisticci).
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Lettera a Livio, o dell’importanza del leggere
Rionero 9 aprile 2016
Presentazione del libro di
Franco Villani, Lettera a Livio (o dell’importanza del leggere)
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I moti carbonari di Calvello del 1822
Calvello, 13 marzo 2015
Presentazione del fumetto
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L’insurrezione lucana del 1860, fra storia e storiografia
Biblioteca Nazionale Potenza
Potenza, 11 ottobre 2016
Presentazione del libro di Immacolata Venturi
“L’insurrezione lucana del 1860, fra storia e storiografia”
Martedì 11 ottobre, presso la Biblioteca Nazionale di Potenza, alle ore 18 verrà presentato il libro di Immacolata Venturi, L’insurrezione lucana, tra storia e storiografia, Villani editore, 2016. Sarà lo storico Nicola Lisanti a svolgere la relazione sulle vicende affrontate nel volume. Ospiti della serata, insieme all’autrice, saranno: Ermelinda Graziadei, direttrice della Biblioteca Nazionale di Potenza, Roberto Falotico, Assessore alla cultura del Comune di Potenza e Lorenza Colicigno, giornalista.
Come è noto nei manuali scolastici, generalmente, trovano posto la Grande Storia e i nomi dei grandi personaggi storici: anche nei miei ricordi di scuola elementare il maestro ci parlava di eventi e fatti che avvenivano lontano da noi. Quante volte avrei voluto interromperlo per chiedergli: e noi dove eravamo? Col tempo e gli studi successivi ho trovato la risposta a questa domanda. Il libro della Venturi è una ulteriore testimonianza che nella Grande Storia “c’eravamo” anche noi lucani!
Secondo la lezione degli Annales degli studiosi francesi Marc Bloch, Lucien Fevre e F. Braudel solo pensando al Risorgimento come periodo di lunga durata si può avere una giusta comprensione e una più naturale collocazione degli episodi e degli avvenimenti avvenuti nelle città e nei comuni dell’Italia intera. Il Risorgimento è il periodo storico che ha fatto diventare nazione un Paese diviso, dominato da un paese straniero come l’Austria e oppresso dal potere temporale della Chiesa.
Gli studi e le ricerche storiche, da sempre, hanno dimostrato l’apporto dato dalla Basilicata al processo dell’Unità d’Italia. I patrioti lucani, come riferirono già Giacomo Racioppi e Giustino Fortunato, per tutto l’Ottocento mostrarono una capacità di iniziativa molto forte culminata nella vittoriosa insurrezione del 18 agosto 1860 che segna la fine del regno borbonico, ancor prima dell’arrivo di Garibaldi. Al pari degli altri italiani, i lucani non ebbero paura della libertà, la cercarono e dettero la vita per realizzare il sogno di una nazione unita. Per restare ai più noti ricordiamo Mario Pagano di Brienza, Luigi La Vista di Venosa, Carlo Mazziotta di Calvello. Un nutrito elenco di questi patrioti si può trovare nel volume di Rocco Brienza “Martirologio lucano” pubblicato già nel lontano 1882. Un elenco di tutti coloro che parteciparono alle vicende del Risorgimento è contenuto nei cinque tomi che compongono il volume di Tommaso Pedio “Dizionario dei patrioti lucani”.
Il libro della Venturi ripercorre il periodo risorgimentale a partire dal 1799 fino all’insurrezione lucana del 1860. Nel primo capitolo il volume si sofferma sui momenti principali del Risorgimento in Basilicata e nel Mezzogiorno, a partire dalla breve, ma significativa, esperienza delle municipalità repubblicane del 1799, per continuare con il decennio napoleonico che ebbe, come “colpo di coda”, la Rivoluzione costituzionale del 1820-21 fino allo spartiacque epocale della “primavera dei popoli” del 1848-49.
Il secondo capitolo analizza le forme e i conflitti dell’associazionismo politico successivi al 1848, con riferimento alle scissioni tra la corrente politica moderata e quella radicale-democratica, già manifestatesi soprattutto in occasione della Dieta Federale del 25 giugno 1848 a Potenza. Dopo l’analisi degli eventi che portarono al tragico fallimento della spedizione di Sapri, organizzata da Carlo Pisacane nel 1857, sono stati ricostruiti aspetti e problemi della riorganizzazione, nel biennio successivo, della rete associazionistica che, progettata ed attuata nei minimi particolari, si incentrò su un’organizzazione militare volta a tenere collegata la Basilicata con le province contermini.
Nel terzo capitolo, sulla base di documentazione d’archivio e delle memorie coeve, è stato ricostruito il cruciale processo che portò dall’associazionismo ai Comitati insurrezionali e all’insurrezione stessa, progettata nei minimi dettagli e volta ad offrire la massima copertura militare all’avanzata di Garibaldi e dei Mille.
Nel quarto capitolo vengono ricostruite le fasi che portarono alla Rivoluzione del 1860 e al successivo Governo Prodittatoriale che rappresentò la concretizzazione di una vera e propria rete di centri interconnessi per il controllo di aree strategiche della provincia attraverso l’attivo coinvolgimento di larga parte delle comunità locali nel comune obiettivo unitario.
Completano il volume un post scriptum sull’etimologia del nome Corleto Perticara, paese che dette il via all’insurrezione lucana del 1860, e una ricca appendice documentaria in cui sono stati trascritti o riportati in fotocopia alcuni dei documenti consultati.
Franco Villani, editore
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Matteo Miraglia,pedagogista accetturese a Torino
Accettura 2 agosto 2016
Presentazione del libro di
Giovanni Caserta” Matteo Miraglia, pedagogista accetturese a Torino” (altro…)
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